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Perdona la Chiesa di Genova – Liguri Tutti

Caro Francesco, quando verrai a Genova abbi pietà di noi. E di una chiesa orfana da troppi anni di cura pastorale fresca, innovativa, essenziale, entusiasta.

Porta la tua benedizione e la tua gratitudine ai tanti preti e religiosi – ho negli occhi i loro volti – che nonostante tutto hanno resistito, hanno cercato il Vangelo, hanno prediletto i poveri, hanno anteposto l’amore e la fratellanza a fredde dottrine e formalismi nostalgici. Porta la tua carezza a tutte le famiglie, le coppie, gli anziani, i giovani, che nonostante tutto hanno cercato di incarnare una chiesa in uscita, dribblando direttive e impostazioni antiquate, staccate dalla realtà, che dall’alto continuavano a calare, aride.

Troverai a Genova svolazzanti talari segno di identità fragili e del bisogno di affermarsi, rivendicarsi, distinguersi. Perdona e porta pazienza per coloro che hanno subito una formazione e una direzione rigida, superata, imbalsamante. Sappi che diversi giovani che avrebbero volentieri servito questa chiesa da sacerdoti, sono stati ostacolati proprio a causa di una loro impostazione più aperta e della loro preparazione.

Troverai una narrazione scialba e soffocata della chiesa genovese, ad opera di canali di informazione tenuti strettamente al guinzaglio, che lavorano come bollettini dei vertici invece che come coagulatori della pluralità ecclesiale.

Troverai gente semplice e buona, cristiani della domenica, cristiani da marciapiedi, volontari ed educatori, persone impegnate e persone assuefatte al sistema, e anche moltissimi apolidi, orfani di comunità parrocchiali cadenti, stagnanti, che per mandare avanti la struttura hanno rinunciato a suo tempo a sperimentare formule nuove di catecumenato per giovani e adulti.

Troverai molti tifosi, figli di una diocesi che non vive un sinodo diocesano da chissà quanti anni, dove la collegialità è poca e niente, e la consultazione e l’ascolto tra “vertici” e base non è metodica ma ben filtrata. Sappi che ben poco sono trapelati qui i questionari per i Sinodi da te voluti, e che non esiste un sano dibattito ecclesiale.

Troverai tanto clericalismo, e mi dispiace per te, che ne soffri così tanto da aver detto che, di fronte a un clericale, quasi ti vien meno la fede. Porta la tua benedizione e le tue parole di incoraggiamento, di rivoluzione, di freschezza e normalità, di simpatia ed empatia.

Portale ai molti poveri e ultimi di questa città stratificata, collage di quartieri diversissimi e di periferie snaturate, scheletro industriale in decomposizione, salvata dalla luce del sole e dal profumo del mare. Una delle grandi città vittime delle ingiustizie, delle tentazioni schiavizzanti e delle indifferenze del sistema capitalista.

Portale ai tanti ancora affascinati dalla figura di Gesù di Nazareth, che in te ne riscoprono la profondità, e qui in città non trovano invece soluzione di continuità per il loro percorso spirituale. Ribadisci con pazienza e bontà i capisaldi, le priorità, le necessità di cui hai parlato a lungo nei tuoi pochi ma densi documenti: a Genova non si è fatto granché per divulgarli e tradurli nella pastorale diocesana… In effetti, qui la tua voce arriva assai ovattata, e non è un caso. Anche per questo abbiamo bisogno di incontrarti, e di sperare insieme in un cambio di passo deciso, urgente, vigoroso a livello di gestione generale e pastorale.

Perdonaci, perché potremmo fare di più, essere migliori, più dinamici, umili e a servizio. Come Gesù, vieni per servire. Ascolta e indaga come sai fare tu i bisogni, le angosce e le speranze, la fede di questo piccolo popolo frantumato e scoraggiato. Saprai tu cosa fare. Come benedire, e non maledire. Come effettuare il tuo servizio nella carità per aiutarci, ciascuno secondo il suo carisma, a rialzare la testa e rinascere dall’alto.

Troverai una chiesa che ha perso tantissime opportunità, tante energie migliori, tanti segni dei tempi. Che lo sa bene, ma non lo ammette, men che mai “urlandolo dai tetti”. Ma che sotto la cenere conserva vive – non per molto temo – alcune braci che se stimolate da vento fresco potrebbero dare luogo a una reazione a catena. Ricoinvolgere. Rimotivare. Ricentrare sull’essenziale cristiano.

Ama questa chiesa. Quello che è, e profeticamente quello che potrebbe essere. Ama i suoi slanci più autentici di servizio al prossimo, di dedizione all’umanità e di ricerca evangelica. Ce ne sono stati e ce ne sono numerosi, e meritano la nostra gratitudine proprio per aver perseverato in una situazione così surreale e sterilizzante. Ama quanti in particolare l’hanno danneggiata, magari in buona fede, nell’incoscienza di accettare incarichi per cui non erano vocati. Ama soprattutto quei servi di Gesù – ho negli occhi i loro volti – che a causa di queste scelte funeste hanno sofferto solitudine, incomprensione, emarginazione, frustrazione.

La tua speranza è anche la mia e di molti (silenziosi ma sofferenti) cui sta a cuore che il buon annuncio di Gesù dia frutti di vita piena all’umanità dei nostri giorni: “spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una semplice amministrazione” (Evangelii Gaudium 25).

Buona visita, buon cammino, buona vita.

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Camminatore, comunicatore e musicista, Giacomo D'Alessandro vive a Genova. Le prime tracce di un blog ispirato alla figura del "ramingo" sono del settembre 2006. Una lunga e variopinta avventura tra il camminare e il raccontare, in tanti modi, grazie a tanti compagni di viaggio.