articoli,  Congo,  reportage

Goma: nell’inferno degli sfollati – Mondo e Missione

Oggi Papa Francesco incontra alcune vittime della guerra che da quasi trent’anni devasta l’Est delle Repubblica Democratica del Congo. Ecco come vivono alla periferia di Goma 


Si vorrebbe solo piangere nell’inferno dell’Est del Congo. A Goma, una città grigia di lava del suo minaccioso vulcano, seguendo alcune francescane congolesi abbiamo raggiunto uno dei più recenti campi profughi. Centinaia di sfollati di guerra appena fuggiti dai villaggi nelle foreste del Nord Kivu, a causa delle incursioni dell’M23, il feroce gruppo armato che a quanto sostiene perfino un report dell’ONU sembra essere appoggiato dal governo del Ruanda. E così, ancora, la Repubblica Democratica del Congo non ha pace. Uno di Paesi più ricchi al mondo di materie prime vive una miseria e una violenza inaudita.

Dopo due ore di distribuzione di sacchi di riso, farina e legumi, portati dalle Francescane del Monte grazie a qualche donazione europea, ci perdiamo a camminare per il campo scambiando abbracci e saluti con le persone. Guardo a lungo il volto di una donna segnata dalle rughe. Ciuffi bianchi sulla testa sfuggono al velo rosso di stoffa tradizionale. Ha lo sguardo sprofondato nei secoli, una civiltà intera in un volto solo, e un portamento matriarcale, chissà da quale tribù. Perché questa gente viene dalla foresta, più a Nord, su quelle strade dove due anni fa ha trovato la morte anche il nostro ambasciatore Luca Attanasio, insieme al carabiniere Vincenzo Iacovazzi e al loro autista Mustapha Milango.

La donna è in attesa con altre centinaia di donne e bambini. Uomini pochi. Solo quelli mutilati si muovono qua e là aggrappati a grucce di legno improvvisate. «Gli altri sono morti», ci spiega un’altra signora anziana che ha perduto tutti i suoi figli prima di scappare via: «Ci hanno sorpresi mentre cercavamo legna per cucinare, hanno cominciato a sparare, mi hanno violentata tre volte, poi sono riuscita a scappare». Vedove senza più nemmeno le lacrime per piangere in questo inferno. Che è l’inferno della depredazione spietata delle materie prima che gonfiano i nostri mercati famelici, la corsa alla tecnologia, all’energia, al consumo. È per questa depredazione che il Congo “deve” rimanere in questo stato. Solo così non hanno la possibilità di opporsi, di pensare, di organizzarsi, di negoziare condizioni differenti.

Qualcuno comincia ad animare con qualche gioco improvvisato le torme di bambini del campo, con le pance gonfie di fame. Sporchi, resi rozzi dalla legge del più forte, deprivati di ogni parvenza di infanzia, tornano all’infanzia di fronte a una tenerezza inaspettata, a un gioco o un pallone di stracci. Le donne anziane, invece, maschere da gettare non ne hanno: troppa vita, troppo dolore, troppa ingiustizia su quella pelle incartapecorita. La ferocia inaudita su gente che già ha vissuto un’esistenza di stenti, sudando il raccolto della terra, in mezzo a una guerra che dura da quasi trent’anni, qui all’Est.

Condividi

Camminatore, comunicatore e musicista, Giacomo D'Alessandro vive a Genova. Le prime tracce di un blog ispirato alla figura del "ramingo" sono del settembre 2006. Una lunga e variopinta avventura tra il camminare e il raccontare, in tanti modi, grazie a tanti compagni di viaggio.